Nel mezzo del cammin di nostra vita, come scrisse il grande Dante, conobbi Roberto Aldrovandi, uomo notevole, con molteplici passioni di alto contenuto culturale, tanto che per anni fu presidente di uno dei circoli culturali più importanti di Bologna, "L'Esagono", dotato di grande sensibilità artistica e di due mani eccezionali oltre a numerose altre qualità.
Con lui, che badava bene ad evitare le banalità di cui la società contemporanea è solita nutrirsi, non ci si annoiava mai, tanti erano gli argomenti sui quali era possibile dibattere. L'arte, tuttavia, fu sempre il suo "cavallo di battaglia", non solo la storia dell'arte, ma principalmente la pratica dell'arte, attraverso la plastica, la pittura e il disegno.
Tra questi il mezzo attraverso il quale egli seppe esprimersi al meglio fu senz'altro la plastica: il lavoro in piccole dimensioni della creta eseguito con le mani, capaci di creare particolari anche microscopici.
Con la plastica egli seppe esprimere due diversi aspetti della sua sensibilità: quello tragico (il caduto in guerra) e quello umoristico (la scacchiera), spinto talvolta fino al grottesco (il ghigno dell'ardito).
L'elemento che caratterizzò la fase più recente della sua opera scultorea fu la sua ammirazione sconfinata per quegli esseri "divini" che sono i cavalli, che egli tradusse in una serie di piccole teste, modellate nella creta, spesso poi fuse nel bronzo, in cui di volta in volta prevale l'elemento espressivo o quello estetico.
Molti anni dopo il nostro incontro egli si dedicò anche alla realizzazione di ricostruzioni di animali preistorici come la nascita dei protoceratopi, i primi mammiferi e gli elefanti nani della Sicilia.
Roberto eseguì anche sculture commemorative: il medaglione dedicato a Luigi Fantini della chiesa del Monte delle Formiche e un busto di Charles Darwin.
Nella pittura predilesse il paesaggio, molto meno la raffigurazione umana, anche se non va dimenticato che la pala dell'altare della chiesa del Monte delle Formiche fu realizzata da lui.
Il disegno, in cui si è espressa al massimo la sua vena umoristica, imperniato sulle figure di personaggi come i ciclisti, i giocatori di bocce e di basket ed altri fu sempre rifinito ad acquarello
La nostra amicizia, nei primi decenni, fu consolidata anche dalla moglie Laura, donna di grande bellezza e umanità.
Entrambi, fino a quando Laura visse, non rifiutarono di fare in compagnia mia e di mia moglie Giuseppina un viaggio, un'escursione, una visita a città e musei, nelle quali contemplava questo o quel capolavoro con una perizia straordinaria rendendo la visita estremamente interessante. Né disdegnava le riunioni conviviali nelle quali pur mangiando il giusto, non riusciva mai ad ingrassare: beato lui! La conversazione in ogni luogo era sempre ad alto livello perché oltre tutto una delle sue passioni fu l'escursionismo con il quale si teneva a contatto con la natura. Momenti indimenticabili furono alcune gite in Abruzzo, Marche ed Umbria dove dava libero sfogo alla sua fame di vedere e gustare le bellezze artistiche e naturali di quelle regioni, ma il successo era ulteriormente accentuato dal fatto che con me al volante, si riteneva libero da ogni altra preoccupazione perché riponeva nelle mie modeste attitudini ed esperienze di autista tutta la sua fiducia. Non riusciva a comprendere come io centrassi sempre il sito desiderato e come facessi ad affidarmi con tanto successo al mio senso di orientamento. Le escursioni piccole o grandi erano un successo, ed avemmo modo di farne moltissime.
Di alcune poi sono rimasti dei ricordi di tale piacevolezza ed allegria che dopo decenni ci si ride ancora.
Come lui si stupiva della mia abilità nel guidare, così io rimanevo sempre sbalordito di come lui sapesse utilizzare una matita o un altro strumento artistico, guidando le mani come se le mani stesse avessero saputo dove andare per comporre qualcosa di artistico.
Maneggiava pennelli, tavolozze, penne, matite, plastilina e tanti altri mezzi con l'abilità di un giocoliere e sapeva mettere in campo strategie artistiche che denotavano il suo alto livello intellettivo.
Per me eseguì i modellini di animali preistorici, usciti dalle sue mani dopo aver ascoltato una semplice spiegazione e alcuni disegni, che nelle mostre paleontologiche da me organizzate, ebbero un successo straordinario.
Il maggior successo di queste realizzazioni fu ottenuto dalla "nascita dei protoceratopi", esposta in un'apposita vetrina, che riscosse un successo straordinario specialmente tra i bambini. Lo stesso Museo geologico Giovanni Capellini di Bologna gliene commissionò una copia che entusiasma ancora i molti visitatori piccoli e grandi.
Roberto che era famelico dell'altrui arte era purtroppo sempre troppo critico nei confronti della sua, e per quanto ci si sforzasse di fargli capire che le sue opere erano belle, riusciva sempre a trovare qualche difetto che solo lui vedeva. Malgrado le sue grandi attitudini artistiche era un uomo modesto, estremamente schivo della notorietà e sempre pronto ad eclissarsi per motivi che forse lui stesso non sapeva.
Stanco di inutili autolamentele, un giorno lo forzai, inducendolo ad esporre le sue opere alla Galleria di via d'Azeglio, che riscosse il successo che tutti ci aspettavamo, escluso lui. Rimase come color che son sospesi per tutto il periodo della manifestazione, sordo alle lodi dei visitatori e dei critici ed ancora ulteriormente addolorato quando qualcuno gli chiedeva di vendergli un'opera d'arte: era sulla graticola, non riusciva a dare valutazioni, si leggeva in faccia il dolore di privarsi di una sua creatura, poi cedeva non per brama di denaro che mai lo contraddistinse, ma per ripetuti inviti a concludere la transazioni.
La mostra fu un notevole successo, ma l'unico che non ne fu mai convinto era proprio lui, idea che gli rimase per il resto dei suoi anni tant'è vero che non volle più ripetere l'esperienza e cedette opere d'arte solo a mezzo di amici o di altre gallerie.
Passati gli anni belli, venne l'infelicità della malattia di Laura durante la quale si comportò in modo esemplare, accudendola in casa come era il desiderio della moglie, concedendosi come unica distrazione il diploma all'Accademia di Belle Arti di Bologna, corso di laurea artistica da cui uscì col titolo di professore anche se di quel titolo non ne aveva bisogno, perché bastava guardare un suo "pezzo" per giudicarlo tale.
La morte di Laura lo lasciò "steso" per parecchio tempo e fu l'arte e qualche amico che lo sostennero in quel doloroso momento.
Tempo dopo cominciò a frequentare Ebe, che lo riempì di affetto nell'ultima fase della sua lunga vita. Dopo la morte di Ebe vi fu altra solitudine, in cui l'arte faceva quello che poteva e in cui si divideva nei ricordi del suo passato.
Si ammalò, stette a letto, sembrò riprendersi., ma non fu purtroppo così. Se lo portò via la morte che lo aveva risparmiato da giovanissimo a Montecassino.
Purtroppo, manca, e non poco, anche perché dopo anni un altro Roberto non l'ho mai più ritrovato.
Certe persone non dovrebbero mai venir meno nella vita dei cari amici, ma così sembra non possa essere.