IL "MAESTRO" CARLO CANAVARI DA FABRIANO

Carlo Canavari, classe 1895, ovvero Maestro Canavari, ovvero Professor Canavari, fu un personaggio fuori dalla norma della città di Fabriano. Era uomo dai moltissimi interessi e dalle grandi capacità di artista, poeta, storico, collezionista, insegnante delle locali scuole e del liceo artistico, che quindi formò migliaia di studenti nella sua lunga carriera scolastica, alunni che si dimenticarono quasi tutti di questo turbolento -nel senso buono della parola- fabrianese: perché Canavari fu sempre orgoglioso di essere fabrianese e cercò di evidenziare frammenti di storia locale sia con poesie, sia con libretti ed opuscoli di cui si darà conto. Se buona fu la penna nelle sue mani, ben migliore fu il pennello, la sgorbia, tele e carta, con i quali espresse le sue non comuni doti artistiche: quadri ad olio, xilografie, pergamene ed altro, furono le forme in cui espresse la sua vena artistica, vena artistica che coltivava con la conoscenza delle espressioni d'arte del territorio e di altre zone del fabrianese ci cui era esperto critico. E appunto del fabrianese conosceva ogni ambito: speleologia, archeologia, paleontologia, botanica, arte, storia ed altro erano parte della sua eclettica formazione, nata e cresciuta nella insita curiosità che lo accompagnò fin quando la sua mente si offuscò. Canavari non aveva mai voluto prendere la patente di guida e quindi si affidava al fedele autista Ramazzotti, che accompagnava i coniugi in giro per le Marche ad ammirare quanto di bello offriva quella regione.

Non meno straordinaria era la moglie Tina, ovvero Elisabetta Sanseverinati, degna moglie di tanto genio, che sempre lo accompagnò per ogni dove, per passione, ma principalmente per stare col marito, fonte inesauribile di voglia di vedere qualsiasi cosa gli stuzzicasse la curiosità. I due se ne stavano molto spesso nella casa-museo di via Zacchilli, lui in tinello a combinare qualcosa: scrivere, dipingere, leggere, restaurare ed altro, mentre Tina spadellava nel cucinotto, sempre pronta a dare un giudizio sull'opera in atto di Carletto o di ascoltare gli scritti ancor freschi di inchiostro del suo Carlino a cui ogni tanto "slittava la frizione" e se ne usciva con una delle tante barzellette di cui era a conoscenza, attinte dagli amici della città e di cui era maestro di dizione. In pubblico, quando Carlino se ne veniva fuori con gli stessi argomenti, allora con fare di nobildonna, si stupiva e vergognava (così pareva) di quanto aveva abbondantemente udito in privato e se ne usciva con "Ma Carlino!!" con espressione contrita. A proposito di barzellette, le quali erano sempre pronte durante le escursioni per tenere calda e allegra la compagnia, ce n'era una, muta, che Canavari recitava con le sole dita delle mani, da sbellicarsi dalle risate, che è ancor presente in modo estremamente vivace nei ricordi dei presenti: oggi, quando si presentano situazioni attinenti, scrivente e moglie tirano fuori dall'ambito dei ricordi questa mimica che vien chiamata "canavarizzazione". Si, perché Canavari, da noi giovanissimi sempre chiamato Maestro, era una persona estremamente allegra e fra storielle e commenti e barzellette era impossibile annoiarsi: pareva che la vecchiaia non gli appartenesse.
Nel suo ampio repertorio di aneddoti "da ridere" c'era la storiella di Giovanni e Francesco, cacciatori accaniti che un giorno, andandosene in coppia a esercitare quell'arte, si imbatterono in uno "sventolio" d'ali.
Spara tu Giuvà...
Spara tu Francì...
je dacessimo una strombonata. Gissimo a vede. Indovina chi era: ra lu sumaru de Pencelù.

Conobbi il maestro nella primavera del 1958, quando per andare a grotte nei calcari umbro-marchigiani e dalla fidanzatina, a quei tempi, mi fu dato da uno speleologo di Jesi il suo indirizzo, che era appunto via Zacchilli, in cui si era insediato da poco tempo, dopo il trasloco dell'appartamento che i coniugi Canavari avevano in una zona più centrale di Fabriano. Il Maestro mi fece un'accoglienza paterna e mi mostrò senza indugio la sua straordinaria collezione che a quei tempi era straordinaria e per me, abituato alle conchiglie e ai minerali del Bolognese, parvero veramente incredibili: mi sembrò di entrare in una wunderkammer. Poi le pitture, i soprammobili, la biblioteca, le conchiglie, la foto con dedica di Gabriele d'Annunzio ed altri innumerevoli oggetti che riempivano quella casa come se fosse un museo. Oggi la collezione di minerali e fossili di Canavari farebbe un po' sorridere, dopo l'arrivo dal Brasile, Sud Africa, Marocco, Stati Uniti ed altre provenienze di tanti reperti ben più appariscenti, ma allora quando le collezioni si formavano quasi sempre col sudore della fronte, martello, scalpello e scarponi, era veramente straordinaria.

Con tempo e frequentazione si venne a conoscenza di numerosissimi episodi della comune convivenza a partire dall'episodio della loro conoscenza: qui la signora Tina entrava in scena. La maestra Elisabetta Sanseverinati era stata mandata a Collegiglioni, sulla collina che divide il fabrianese con il comune di Genga. Un giorno, mentre chiacchierava con l'amica, sorella del prete presso cui abitava, dall'alto del colle vide risalire un individuo con passo gagliardo con tanto di cappello, giacchetta con fiore, bastone con pomo, ghette, guanti ed altri accessori alla moda in una giornata il cui caldo si faceva sentire: non mancarono le battute pepate alla vista di tanta abnegazione. Era il maestro Carlo Canavari che aveva avuto il compito di recare alla Tina una lettera. Fulmine fu e le risate si trasformarono in attrazione fatale tanto che Canavari che da anni tirava avanti un rapporto ormai logoro con una ragazza, piantò tutto e dopo qualche mese ci furono le nozze.

Canavari fu spesso chiamato dalle cartiere Miliani di Fabriano per bozzetti ed incisioni: di questa produzione, che lo scrivente avrebbe avuto il piacere di entrarne in possesso per ragioni affettive, purtroppo si è persa ogni traccia.

Le ammoniti! Le ammoniti! Per noi avvezzi ai terreni "poveri" dell'Emilia, le ammoniti erano il punto focale della collezione Canavari e vi furono parecchie sedute d'adorazione affiancate da aneddoti che Canavari aveva sempre pronti come un fucile con la pallottola in canna, disponibile a raccontarti quell'episodio in quella località e quell'altro in un altro posto. A quei tempi, i collezionisti di minerali e fossili si contavano sulle dita di una mano e Canavari li conosceva quasi tutti perché quasi tutti, quelli marchigiani, avevano imparato in quell'ambito: si parla di Offerl Spitoni di Pioraco detto la Ruspa delle Marche, di Gianni Bigiaretti di Matelica, di Giuseppetti e dei fratelli Claudio ed Ersilio Barbarossa di Fabriano, Pieralisi di Ancona poi trasferitosi a Jesi, ma è doveroso anche ricordare che fra questi "alunni", Spitoni fondò il museo dei fossili di Pioraco, Bigiaretti il parco "Dinosauri" prima a Frasassi e poi a Matelica e Romano Guerra si fece una mostra itinerante di fossili e si distinse come paleontologo e come cultore di paleontologia bibliografica e storica: invero aveva potuto sbirciare alcuni antichi libri della biblioteca Canavari: alunni di Canavari, tutti o quasi che avevano imparato a "leggere e scrivere" sotto la cattedra del Maestro e che quasi sempre sparivano dalla circolazione e volavano con le loro ali alla ricerca dei vari reperti. Questi umani eventi addolorarono spesso Canavari che ne intravvide sempre un tradimento anche perché si accontentava anche e solo di un doveroso omaggio.

Capitò anche alla sua scuola Piero Battistoni di Città di Castello che, sempre ammirò le doti del "Maestro" e ne percorse gli insegnamenti con numerosissime spedizioni nel Sahara.

Romano, nelle sue trasferte in Umbria a corteggiare la fidanzata Giuseppina, non mancò quasi mai di oltrepassare il valico di Fossato di Vico, che a quei tempi scavalcava letteralmente la montagna, con tutti i tempi, neve e ghiaccio compresi. Carlino e Tina si accomodavano in macchina e il primo sceglieva l'itinerario perché ben conoscente delle località. Una volta, non si sa bene perché Romano viaggiava con un pulmino e furono sistemate nel vano di carico due sedie da regista che ospitavano il Maestro e Giuseppina, mentre la signora Tina prendeva posto nel sedile anteriore. Successe che fra una chiacchiera e l'altra, essendosi fermato il mezzo, la ripresa della marcia fu un po' troppo rapida e il Maestro che non si era tenuto, finì a gambe all'aria, senza alcuna conseguenza. Il tutto fra le risate di tutti.

Quando capitava che l'escursione facesse sosta in una delle tante località fossilifere della zona, era possibile vedere Canavari ringiovanire di colpo di decenni come in certe escursioni a Ponte Calcara vicino a Scheggia dove un affioramento di ammoniti era letteralmente di fianco alla strada, allora alquanto polverosa nel tratto umbro, dove oggi è presente il magazzino di una sorgente di acque minerali e che allora era una cava di pietriccio. Una volta trovò una Rinchonella perfetta che divenne un mito: ogni tanto, anche dopo anni gli tornava alla mente, procurandogli lo stesso piacere del momento del ritrovamento, per non parlare dei gerani neri che asseriva aver visto anni prima presso una casa cantoniera della stessa strada che tanto gli rimasero impressi che non perdeva occasione per accennarne.

Canavari trovò in Romano l'alunno perfetto, attento, fedele e motorizzato: decine o forse di più furono le escursioni con i Canavari, alla ricerca di fossili, minerali, chiesette artistiche e altre mete culturali. Ma se Canavari trovò l'alunno perfetto, Romano trovò il maestro perfetto da cui tanto e tanto imparò perchè non solo gli si affinarono gli interessi geo-mineralogici, ma ne fu contagiato da ardori artistici e da numerosi altri argomenti di cui ancor oggi porta il fardello. Se Carlo ammaestrava Romano, Giuseppina ebbe modo di abbeverarsi alla fonte di Tina che tanto ebbe ad insegnargli nel mestiere di moglie.

Ogni tanto il Maestro finiva col ricordare la sua vita militare nella grande Guerra, in cui, per le straordinarie doti di letterato e grafico, era entrato nello staff di Gabriele d'Annunzio, del quale scriveva appunti e proclami e che lo apprezzò tantissimo per le sue doti e per la sua fedeltà. Inoltre era in fraterna amicizia con Bruno Molajoli, velente critico d'arte che fondò la Pinacoteca di Fabriano.

Canavari fu ottimo speleologo ed esercitò l'arte nella gola della Rossa e di Frasassi: di quest'ultima scrisse un libretto ancor oggi ambito dagli speleologi bibliofili. Ebbe modo di conoscere ed essere apprezzato da Giambattista Miliani, industriale della carta e grande escursionista fabrianese. A quei tempi si era posto il problema della discesa nel pozzo iniziale della grotta di monte Cucco in comune di Costacciaro e si era pensato di attrezzarlo con una scala di ferro. Canavari fu incaricato di ottenerne i vari permessi.

Ne dà conto Bruno Bravetti in un suo libro su Giambattista Miliani. Scrive infatti:
"La posa in opera della scala da parte della Società escursionisti di Fabriano, presieduta da Miliani non è senza problemi. Ricordo la faticosa opera di persuasione da me esercitata per ottenere dal Commissario Prefettizio...l'autorizzazione a piantare la scala", scrive il maestro Carlo Canavari nel 1970 in una lettera indirizzata al dott. Guido Lemmi di Perugia.
"Vi si opponeva lui e i rappresentanti della "Magnifica Università degli Uomini liberi di Costacciaro" che con questa autorizzazione vedevano una grande menomazione alla loro proprietà montana: infatti, appena posti i gradini, si affrettarono a mettere un pesante cancello all'imbocco dell'antro, cancello che da speleologi avversanti fu abbattuto...ricordo con raccapriccio, che proprio mentre ero in abboccamento con il Commissario prefettizio, abboccamento che si protrasse per tre giorni e tre notti, una spedizione punitiva di fascisti bastonarono a sangue parecchi uomini. Noi ne sentimmo le grida e al mattino osservammo le larghe chiazze di sangue nel selciato..." (Bravetti, 2010. Pagg. 79, 80).
Dopo una lunga trattativa fu firmato il consenso e la scala fu piazzata e l'inaugurazione avvenne il 20 agosto 1922 con grande festa dei paesani e degli escursionisti umbri e marchigiani.

Raramente ricordavano i due coniugi i tempi del Fascismo in cui obbligatoriamente dovettero sottomettersi ai riti di quella dittatura: con tanta nostalgia Carlino ricordava le "volate" a Roma dove Tina teneva la conduzione di un manipolo di Balilla fabrianesi intento a qualche attività.

Secondo un dattiloscritto di Terenzio Balboni, Canavari aveva redatto un diario degli eventi bellici dal titolo Stille di morte e di martirio, oggi introvabile in cui riportava quanto successo in Fabriano dal 1943 alla fine della guerra, di cui sarebbe interessantissima la riedizione onde mettere a disposizione dei cittadini una cronaca scritta da un eccellente testimone di quei tragici eventi.

Una gita abbastanza usuale era quella di andare a trovare Don Ansano Fabbi di Abeto, vicino a Norcia: uomo di fede ma anche di grande cultura, Don Ansano si era messo ad esplorare i numerosi siti artistici e storici della valle Castoriana e a descriverne le bellezze artistiche e monumentali di quelle località, tanto che ne scaturirono alcuni libri che ancor oggi fanno testo per la conoscenza delle bellezze dell'alta valle del fiume Nera. Erano chiacchierate fra eruditi d'arte e storia, infarciti di mangiate prelibate e di escursioni per vedere e commentare di presenza quei monumenti alcuni dei quali andarono distrutti in recenti terremoti: non sempre la natura è benevola.

L'affetto, filiale o paterno (scelga il lettore), si concretizzò con la scelta di Giuseppina di avere Carlo Canavari come suo testimone di nozze: Quel giorno Canavari brillò per simpatia e conobbe Luigi Fantini e la corte dei Miracoli degli speleologi amici, invitati al rito e al successivo pranzo allo Chalet delle Rose di Pontecchio Marconi in una giornata da bollino nero, come si direbbe oggi, per la calura.

Tornò a Bologna qualche mese dopo invitato da Cesare Zanon per il suo matrimonio e in quell'occasione lanciò il suo augurio matrimoniale

La somara mia è tanto pelosa, viva la sposa

Fu uno scroscio di applausi

Il Maestro, non raramente gratificò l'alunno bolognese di qualche suo libro, o reperto o altro, tutti materiali che sono rimasti nella biblioteca o collezione di Romano per lo straordinario valore affettivo che possedevano.

Anche in tarda età Canavari aveva conservato grande agilità e grande occhio. Un giorno, scesero Maestro e alunno a passo Porraia sotto monte Cucco ad ammoniti del Toarciano: Canavari in mezzo al nulla trovò una spettacolare punta di freccia neolitica in selce rossa: un colpo da Maestro, nel vero senso della parola.

Ogni tanto i coniugi Canavari venivano a Bologna per restarvi qualche giorno in casa dei coniugi Guerra. Canavari prediligeva visite ai musei, chiacchiere, lettura di libri della nascente biblioteca Guerra e l'occhiata a quella modesta collezione che si stava costituendo.

Alla domenica c'era l'immancabile escursione in qualche calanco d'arenaria del bolognese alla ricerca delle conchiglie del Pliocene che pur sempre fossili erano.

Capitò una volta che un acquazzone colpì i due in una escursione e mentre Canavari se la cavò con una bagnata, Romano si ammalò gravemente, per poi riprendersi in seguito.

In occasione del decimo anniversario di nozze di Romano e Giuseppina, Canavari miniò una piccola pergamena che omaggiò agli ancor giovani sposi. Qualche altra pittura del Maestro fa ancor oggi bella figura nelle pareti dell'appartamento di Bologna.

Nella casa appartenuta alla famiglia Bartoletti in Costacciaro sono esposti nella camera da letto altri "ricordi", tra cui alcune xilografie originali dell'artista ed alcune incisioni seicentesche, a suo tempo regalate da Canavari.

Agli inizi degli anni Settanta Romano, folgorato dalla paleontologia, iniziò la sua attività che andò svolgendosi prima in nord Europa poi in Africa ed Asia. Le visite ai Canavari si diradarono, ma Romano non si scordò mai di portare al vecchio amico qualche fossile di lontana provenienza. Poi anche per CaNavari vennero gli anni tristi della senilità con la perdita della lucidità: era veramente triste, per chi lo aveva conosciuto pieno di vulcaniche attività, vederlo seduto nella poltrona con gli occhi persi nella nebbia della mente. Tina gli fu a fianco minuto per minuto fino alla dipartita, né sarebbe potuto essere altrimenti.

Era il 26 agosto 1981.

I Guerra mancarono al funerale: erano in Cecoslovacchia in cerca di fossili, ma ce lo aveva insegnato lui. Tina, rimasta sola, dovette andarsene in Inghilterra a Leicester dove la figlia, sposando un militare polacco durante la Seconda guerra mondiale, aveva trovato sistemazione. Anche a Tina il destino non risparmiò lo strazio della demenza senile e la morte la colse il 2 ottobre 1989. Fu tumulata nel cimiterino di Marischio dove i due avevano acquistato due loculi nella speranza che qualche alunno di Tina che aveva svolto in quella borgata parte della sua attività di insegnante, si ricordasse di loro. Non risulta che la previsione si sia avverata.

Per una strana combinazione del destino, Luisa, figlia di Romano e Giuseppina si accasò a Fabriano e i coniugi Guerra, Per andare dalla figlia percorrono sempre la strada che costeggia il cimitero. Ai maestri di vita Carlo e Tina non mancano mai una visita ed una preghiera, anche se sono consci che il debito da loro contratto non sarà mai estinto.

Carlo Canavari
Carlo Canavari
Carlo Canavari. La vittoria delle pulledre con xilografia dell’autore.
Carlo Canavari. La vittoria delle pulledre con xilografia dell’autore.

RICORDI DEL PADRE CARLO DELLA FIGLIA IRIS CANAVARI

Iris Canavari fu figlia unica di Carlo e Tina, anch'essa donna squisita, laureatasi in una tesi sui costumi marchigiani d'altri tempi.

Quando le Marche furono liberate dalle truppe alleate, Iris era nel fiore degli anni ed una sera, ad una festa da ballo offerta ai militari, conobbe Waklaw Kwiatkiewicz, un ufficiale delle truppe polacche che combattevano con truppe alleate. Fu amore a prima vista.

A guerra finita Waklaw si sistemò con la madre in Inghilterra, non volendo rientrare in Polonia e sottomettersi alla dittatura comunista. Matrimonio fu e Iris seguì il marito a Leicester dove insegnò italiano, apprezzata professoressa di lingua madre. Nacque Giorgio con grande gioia di genitori e nonni. I Canavari "italiani" molto soffrirono di questa distanza colmata in parte da una fitta corrispondenza che teneva tutti informati di tutto.

Quando i Kwiatkiewicz venivano in estate a Fabriano era grande festa: i genitori si godevano la presenza di figlia e genero a cui si aggiunse anche quella di Giorgio che crebbe all'inglese e divenne un grande esperto di musica leggera contemporanea e di questa passione ne fece anche un buon mestiere. In tutti i modi, Giorgio fu cresimato e comunicato in Loreto a cui seguì un pranzo ristretto agli intimi: i Guerra c'erano.

Nella parte posteriore la casa di via Zacchilli, Carlo possedeva un piccolo orto sul quale successivamente fu costruito un garage ed una stanza che divenne sede di una parte delle varie collezioni.

L'orto aveva una serie di alberi che lo rendevano fresco e accogliente. Ci si trovava in quella frescura ed ognuno raccontava le sue. Non poche volte Waklaw raccontò le sue vicissitudini del tempo di guerra: quando ci fu la doppia invasione della Polonia, egli si trovò nel settore sovietico e la famiglia fu deportata in Siberia dove passò brutti momenti fin quando, con l'accordo fra il Kremlino e lo stato provvisorio polacco che aveva sede in Londra, i polacchi furono messi in libertà. La famiglia di Waklaw percorse a piedi gran parte della Siberia e dell'Unione sovietica e giunse in Iraq dove erano di stanza gli inglesi. Lì, Waklaw si arruolò nelle truppe polacche che poi furono inviate nel fronte italiano al comando del generale Andersen. Waklaw, apprezzato ingegnere, vi trovò moglie.

La coppia inglese calcò le orme di quella italiana e tutto procedette al meglio finché Iris morì travolta da un'auto sulle striscie pedonale in Leicester.

Ecco il ricordo della figlia Iris inserito in Antologia della poesia dialettale dell'alta valle dell'esino (sic) dall'Ottocento ad oggi del 1979.

"Mi è difficile, in poco spazio e tempo, collocare nel giusto valore la complessa attività di mio padre: Tutte le sue ricerche derivano dal grande desiderio di scoprire gli aspetti meno consueti della sua comunità e di approfondire, in termini storici, culturali e artistici il proprio dialogo con la sua città nativa.
Le poesie inserite nell'antologia non sono che una piccolissima parte di un'abbondante collezione di lavori vari, frutto di un'intera vita di ricerche.
Carlo Canavari è nato a Fabriano il 21 luglio 1895. E' stato insegnante alee Scuole elementari e insegnante di storia dell'Arte al Liceo Classico "F. Stelluti". Come insegnante ebbe molte attività collaterali, si interessò di refezioni scolastiche, befane e colonie, ma sopratutto organizzò mostre e attività teatrali specialmente in qualità di coreografo: per l'operetta "La piccola olandese" cantata dagli scolari della Scuola Elementare, disegnò le scene e i costumi. In questa stessa qualità di disegnatore fece parte della Filodrammatica: La sua magnifica calligrafia e facilità d'espressione gli procurò l'onore di diventare "scrivano" personale di Gabriele d'Annunzio negli anni della Prima guerra mondiale: C'è a casa una fotografia del Poeta con la dedica: "a Carlo Canavari, nel nome e nella gloria di S. Marco, nella costanza della fedeltà. Il suo Comandante Gabriele d'Annunzio. (1915/1931). È stato per molti anni "corrispondente" del Messaggero e di questa sua attività conserva molti articoli, ha scritto anche un diario della Seconda Guerra Mondiale nella zona di Fabriano una cui copia si trova nel British Museum di Londra. Ha fatto molti studi sull'araldica fabrianese corredati da molti disegni e una ricerca speciale sulle filigrane il cui volume fu pubblicato e acquistato da una cartiera olandese. Con appassionata esattezza illustrò tutti i motivi dei manti dei personaggi della "adorazione dei magi" di Gentile da Fabriano. In arte è stato autodidatta, pitturando quadri ad olio e acquerello sopratutto vedute di Fabriano.
Ha fatto xilografie, pergamene, ed ex libris: Si è interessato di fotografia riprendendo specialmente angioletti artistici della vecchia Fabriano. Appassionato di storia locale, ha fatto molte ricerche pubblicando degli opuscoli: Contributo dei fabrianesi alle guerre del Risorgimento; I Chiavelli di Fabriano; Le opere nelle Marche dell'architetto Paolo Sorattini; Note di storia Fabrianese; Spettacoli teatrali all'Aurora, privati festini in Fabriano all'inizio dell'ottocento; Una lettera dello Scarabelli sulla grotta di Frasassi e sul monte Ginguno (Genga); La strage dei Ciavelli in vernacolo; La battaja de la pulledra in vernacolo.
Ricercatore di tradizioni popolari, fece collezioni Ricercatore di tradizioni popolari, fece collezioni di stornelli, leggende, motivi di tessuti, medicina, usi e costumi popolari.
Scrisse anche sulla vita e sulle esperienze teatrali della cantante Giuseppina Vitali di Cerreto d'Esi, con cui mia nonna paterna Erminia Paffi-Canavari, aveva avuto legami di lavoro e d'affetto. Dello zio Mario Canavari, professore di Paleontologia all'Università di Pisa, ereditò la passione per i minerali di cui ha un'abbondante raccolta. Ha fatto anche altre raccolte di interessi vari: Ha avuto incarichi e onorificenze e ne faccio menzione solo di alcune: Consigliere del Brefotrofio, Presidente del Dopolavoro cittadino, Deputato di Storia Patria, medaglia d'oro al merito scolastico. Conserva attestazioni di stima e affetto di molte personalità: P. Toschi, professore di tradizioni popolari all'Università di Roma; Perosi, maestro e compositore di Musica; il pianista Pachmann; il Prof. Stoppoloni dell'Università di Camerino; Cesare Ratta, direttore della scuola tipografica del Comune di Bologna; Torquato Giannini della Società Dante Alighieri e molti altri di cui tralascio i nomi per ragioni di spazio"
La figlia Iris
con devozione e ammirazione

Fabriano, 31 dicembre 1978

PIETRO GIROLIMETTI:CARLO CANAVARI, MAESTRO ECLETTICO

"Non era raro il caso in cui, incontrando Canavari per via e fermandomi un poco a conversare con lui, com'era mia abitudine, egli, conoscendo il mio grande amore per il dialetto, non tirasse fuori dal cassetto del suo inesauribile repertorio una frase, uno stornello, una strofa, una battuta, una barzelletta riguardanti i costumi e le usanze dei contadini delle nostre campagne o i personaggi e gli avvenimenti, vicini, o lontani, della nostra città. Ci provava davvero gusto ed era un divertimento per me starlo ogni volta ad ascoltare.
Il mondo rurale, con il suo simpatico vernacolo, coi suoi peculiari modi di dire, con le sue ingenue credenze e leggende lo affascinava, al pari della storia locale.
Quello di osservare con occhio critico ed acuto la vita del popolo nelle infinite sue manifestazioni e sfaccettature era un bisogno innato in Canavari ed egli ne studiava ogni aspetto, ne seguiva ogni traccia.
La sua curiosità, la sua ansia di sapere non avevano limiti. Temperamento artistico e volitivo, individuo eclettico, aveva interessi che abbracciavano i più vari orizzonti culturali; essi spaziavano infatti dall'insegnamento scolastico al disegno e alla pittura, dalla coreografia alla fotografia, dalla poesia al giornalismo, dalla speleologia alla mineralogia, dall'araldica al dialetto e alle tradizioni popolari.
Un posto importante lo riservò alla storia locale e ciò è testimoniato dalle sue numerose pubblicazioni in materia.
Ebbe incarichi e onorificenza di rilievo in campo didattico, civile e militare: Fu persino scrivano di Gabriele d'Annunzio, durante la Prima guerra mondiale, anche in virtù della sua calligrafia. L'"Orbo veggente" gli regalò una fotografia con dedica, che il Maestro era fiero di mostrare, insieme con altre attestazioni di stima e di affetto di uomini illustri, come Perosi, Stroppoloni, Toschi, Pachmann ecc. (omissis). Fu scrittore brillante e polemico; interessanti le sue diatribe con il Prof. Romualdo Sassi su questioni etimologiche e di storia locale, pubblicate dal giornale l'"Azione".
Canavari ereditò ed assorbì lo slancio ed il fervore morale, patriottico e culturale dell'Ottocento e partecipò attivamente alla tormentata vita del nostro tempo, funestata purtroppo da due guerre e da una rivoluzione.
Spirito libero e ambizioso, uomo di studio, si elevò subito al di sopra di quella massa amorfa ed ignorante la cui presenza si avvertiva specie nei piccoli centri alla fine dell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento, quando ancora virulenta era la piaga dell'analfabetismo.
A Fabriano era conosciuto da tutti e da tutti apprezzato. Lo chiamavano "Maestro" e il titolo gli si addiceva veramente. Bell'uomo di media statura, sempre molto elegante nei suoi abiti d'ottimo panno e di buon taglio, con l'immancabile cappello di paglia in testa d'estate e di feltro d'inverno, con la cravatta a farfalla e le ghette, il sorriso ironico e scanzonato, sempre pronto all'umorismo e alla stoccata mordace, gli occhi spesso semichiusi, nell'atteggiamento come di chi voglia tutto scrutare a fondo, Canavari era un vero e proprio personaggio. Egli se ne rendeva conto, pavoneggiandosi specialmente con il gentil sesso.
Dopo la Prima guerra mondiale, lo vediamo attivo e attento ai numerosi problemi d'ordine sociale, economico e culturale della sua città, ai quali dedica con passione ed entusiasmo la sua opera intelligente ed il suo tempo.
Sulle prime, come quasi tutti allora, crede nel fascismo, dal quale però prende via via le distanze quando s'accorge che il regime conduce il Paese alla rovina.
Collabora a giornali e riviste, dipinge, incide, crea delle bellissime pergamene, che poi espone nelle vetrine dei migliori negozi del centro, si dedica all'alpinismo e alla speleologia, colleziona le cose più disparate.
La sua casa è un vero museo: custodisce gelosamente in bacheche e vetrinette numerosissimi reperti geologici, archeologici, paleontologici. E' felice come un bambino quando può raccontarvi la storia di ciascun pezzo, il più delle volte una storia di avventure e di fatiche. Possiede una grossa raccolta di libri e di documenti diversi, impossibile qui elencarli.
Ma Canavari ama soprattutto la sua città, l'ambiente in cui vive, la terra che ha visto nascere, la gente e le cose che lo circondano, un amore il suo, che non è passivo. Egli, infatti, non si accontenta di osservare la realtà da lontano, in maniera superficiale, da spettatore, ma vuole conoscere a fondo la storia degli uomini che lo hanno preceduto, la dinamica degli avvenimenti, le cause e gli effetti nel loro continuo essere e divenire, ben sapendo che per comprendere appieno il significato del presente, per prevedere il futuro, è necessario anzitutto rendersi conto del passato.
Intraprende così i suoi studi, inizia le sue indagini, viaggia, rovista biblioteche ed archivi pubblici e privati, consulta documenti, fissa sulla carta i risultati delle sue interessanti ricerche.
Incomincia a dare alle stampe i suoi primi scritti, che diventeranno poi sempre più numerosi specialmente nell'arco di tempo che va dal 1949 al 1965, in particolare quelli relativi alla storia.
Per questa sua attività era stato eletto, già nel 1933, Socio Deputato della Deputazione di Storia Patria per le Marche, entrando così negli ambienti più qualificati della cultura storica regionale.
In genere le sue opere forniscono quadri d'esauriente informazione, talvolta ripresi da altre fonti, con giudizi per lo più soggettivi, dettati dalla sua sensibilità, dalla sua educazione, da sentimenti di profonda umanità ed amore patrio.
E' come se partecipasse agli eventi che descrive; egli, istintivamente, si mette sempre dalla parte del bene e della giustizia, per il progresso e la libertà del popolo e della sua terra.
Ecco, senza seguire un'ordine cronologico, i titoli di alcune sue pubblicazioni: La Stràsge de Chiavelli signori de Fabriano, drammatico racconto, in vernacolo, dall'uccisione della famiglia Chiavelli, avvenuta il giorno dell'Ascensione, il 25 Maggio 1435, nella Chiesa Cattedrale di S.Venanzio. Si tratta, a mio avviso, d'una delle più belle composizioni poetiche del Canavari, il quale, con un mezzo espressivo, incisivo ed immediato come il dialetto, riesce imprimere all'avvenimento un realismo ed un'efficacia difficilmente raggiungibili dalla lingua.

Seguono numerosi altri commenti delle opere del Canavari che Pietro Girolimetti con il dotto ed efficace linguaggio offre dell'amico Carlo una delle più valide descrizioni, fors'anche per comunità di carattere e di intenti."

ETTORE BUSINI, PERSONAGGIO DIMENTICATO

Nè il maestro Canavari disdegnava la valorosa attività di combattente e partecipe agli eventi militari del suo periodo. Ci è stata testimoniata dall'arruolamento volontario durante il Primo Conflitto Mondiale per esser aggregato alla Prima Squadriglia navale con base a Chioggia. Seguendo le iniziative del Comandante Gabriele d'Annunzio, del quale era divenuto un fervente seguace, partecipò quale Sottufficiale dell'aeronautica al volo su Vienna sotto il comando del "Vate". Lo troviamo poi a Ronchi, in seguito "Dei Legionari" per prendere parte all'impresa di Fiume che portò alla reggenza del Quarnaro.
Durante la Seconda Guerra Mondiale prese parte al movimento di liberazione partigiana. Canavari ha sempre vissuto gli eventi da protagonista con fedele coscienza di cittadino, educatore e soldato italiano.

in "L'Azione", 2 giugno 2001. (Parte teminale)

ALCUNE POESIE DI CARLO CANAVARI

PASSIONE SPELEOLOGICA (Filastrocca gioiosa)
Giro, giro tondo
non c'è cosa vèlla al monno,
visitanno le campagne,
trovà'n buscio largo e tonno,
do' girànno fino 'n fonno,
troj per tera'n'osso antico,
do' c'è pure el caprificio,
do' c'è 'l guano,'l pipistrello,
do' c'è'n monno scuto e vèllo,
doche senti la goccetta
che tranquilla e piccoletta,
laorando lentamente
te prepara 'n bèr pennènte!
D'oro e d'argento&
de capriole ne fai cento,
se drizzannote de faccia
non abbassi la testaccia
pè 'na certa riverenza
a què trozzoli 'n pennenza!
Piede...piedello&
viva l'ursus e'l fratello,
lo spelerpese e l'agnello,
l'ovis aries e la scrofa,
viva pure anche 'sta strofa
che tirata a ritornello
tira 'l verso d'en fringuello!


ROMANO MI FIJO PIÙ PICCOLO
Quann'è che vo' a trôà 'n'amico mio
che sta da 'n ber palazzo a tanti piani,
me vedo come sfonno lì di sotto
'n fiume borbottone fuor di 'n ponte
e poco più distante da 'n ber piano
'na mucchia de crocette vianche vianche
come che fusse li a squadra a squadra
per gi' contro 'l nemico ch'è di fronte.
Non so quel che mi sento quanno che vardo
st'insieme de pôretti che so' morti
dai campi di battaja qui d'intorno
per mannà for d'Italia er tedescone
che s'era qui cacciato e non s'argia.
Madonna, sci c'iarpenso che tempacci!
Me vie' da piagne quasci si me fisso
a vede 'ste gran file de crocette
e metteme a la mente che poretti
quelli desotto terra lì seporti
so morti per difenne casa nostra
ne mentre che la loro era occupata
da ques nemico stesso lazzerone
O Cristo mio che sì pietoso e granne
che leggi sur gran libro de la via
e vedi drento al core de ciascuno,
e sai stimà l dolore 'e 'l sacrifici
destina a sti poretti 'l paradiso
e che goda il bene non goduto
e dai su sgenitori che te prega
la sgioia de sapè che so' felici.
Bologna, 9 gennaio 1965

(Manoscritto. Archivio R. Guerra, Bologna)

Carlo Canavari testimone al matrimonio di Romano e Giuseppina con Luigi Fantini
Carlo Canavari testimone al matrimonio di Romano e Giuseppina con Luigi Fantini
Carlo Canavari e la moglie Tina
Carlo Canavari e la moglie Tina

BIBLIOGRAFIA DI CARLO CANAVARI

Castagnari C., 1985. Carlo Canavari. In'Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche. 88°. Ancona.
Castagnari GC. (a cura), 1986. Protagonisti della cultura storica fabrianese. Fabriano (AN), Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, pp. 217.
Roncalli Amici R. 1999. Un binomio di fama. In"L'Azione", 30 ottobre 1999.
Busini E., 2001. Personaggio dimenticato. In" L'Azione", 2 giugno 2001.
Pilati D., 2004. La storia di Fabriano dalle origini all'alba del terzo millennio. Fabriano, Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, pp. 510.
Bravetti B., 2010. Giambattista Miliani (1856-1937) imprenditore, uomo politico, alpinista, speleologo, ambientalista, viaggiatore. Ancona, Affinità elettive, pp. 150.
1979. Antologia della poesia dialettale dell'alta valle dell'esino dall'800 ad oggi. Fabriano (AN), C.E.F., pp. 197.

BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE CARLO CANAVARI

1928. La gola di Frasassi. In "Le vie d'Italia", Milano
1949. Fra dirupi e caverne : (Frasassi-S. Vittore). Fabriano, Arti grafiche Gentile, pp. 66.
1950. Stille di martirio e di morte, Fabriano, Arti grafiche Gentile, pp. 102.
1956. "Insorgenti" e "Refrattari alla coscrizione" in Fabriano, Sassoferrato, pergola e territori limitrofi (1808-1809). Istituto internazionale di Studi Piceni. Biblioteca comunale Sassoferrato, Fabriano.
1956. A Roma ed oltre con le camicie rosse fabrianesi nel 1849. Fabriano.
1958. La stràge de' Chiavelli signori de Fabriano. Fabriano.
1959. Assalto, occupazione, saccheggio della città di Fabriano per le milizie francesi del generale Monnier. In"Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche. Serie IX, Volume XII.
1959. I Chiavellini di Fabriano. In"Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche. Serie IX, Volume XII.
1960. La vittoria delle pulledre. Fabriano.
1960. Note di storia fabrianese. In "Studia Picena". Fano.
1961. Fervore risorgimentale e ricordi garibaldini a Fabriano, Fabriano, Arti grafiche Gentile, pp. 123.
1962-63. I generali Cellini e de La Hoz a Fabriano nel Giugno 1799. L'anno settimo della Repubblica francese nelle Marche. In "Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche. Serie VIII, Volume III. Ancona.
1963. Avversata dipendenza di Cerreto d'Esi, e limitrofi dalla municipalità di Fabriano. Fabriano.
1964. Una lettera dello Scarabelli sulla grotta di Frasassi e sul monte Ginguno (Genga). In"Natura e Montagna". Anno IV, N.2. Bologna.
1965. "Insorgenti" e "refrattari alla coscrizione" in Fabriano, Sassoferrato, Pergola e territori limitrofi, 1808-1809, Fabriano, Arti grafiche Gentile, pp. 37. (II Edizione)
1964. Le opere nelle Marche dell'architetto Paolo Sorattini converso camaldolese. Ancona, S.I.T.A., pp. 147-156 (con disegno del Maesto dell'architetto)
1969. Spettacoli teatrali dell'"Aurora": privati festini in Fabriano all'inizio dell'Ottocento, Fabriano, Arti grafiche Gentile, pp. 45
S.D. Gli statuti di Collamato emanati il 22 settembre 1624. Falconara M.