ANTRO FATAL

Fin da quando vanno indietro i ricordi, non ebbi mai problemi di mangiare: non mi posso definire un buongustaio, ma un gustaio, perché ho sempre privilegiato la quantità alla qualità anche se la qualità non è male e mangiai quello che i conventi offrirono. A casa mi chiamavano spazon.

Avvenne che dopo uno dei tanti episodi di secessione speleologica riscontrabili nel capitolo dedicato al Gruppo Grotte Francesco Orsoni, mi trovai dentro al gruppo del CAI di cui il presidente era Luigi Fantini, anche se questo straordinario personaggio della geo-speleo-paletnologia bolognese, con al seguito altri interessi sempre ben marcati, si era allontanato dalla scienza delle caverne per darsi alle case antiche dell'Appennino bolognese e alla riscoperta del paleolitico, ultima croce e delizia di vita sua.

Successe che Armando Ronconi, sindaco di Costacciaro, piccolo borgo dell'alta Umbria, scrisse a Fantini, proponendogli di visitare la grotta di monte Cucco, di farne foto e rilievo e di dare suggerimenti per una valorizzazione turistica di questa bella cavità. Fantini chiamò Giancarlo Pasini che lo seguiva assiduamente "girandogli" la lettera che Pasini afferrò al volo con l'entusiasmo che lo caratterizzava. Questi ingaggiò il sottoscritto e Beppe Landini e si organizzò la prima spedizione in quella caverna che aveva ed ha caratteristiche notevoli. Con la Seicento multipla di Beppe Landini divenuto in seguito apprezzato artista, si fece il tragitto che da Bologna portava a Costacciaro passando per l'antica via Emilia e per l'ancora più antica via Flaminia. Il passaggio del passo del Furlo già diede ai giovani una carica di entusiasmo quasi incontenibile: abituati alle grigie argille scagliose, alle arenarie, alle marne, ai gessi e ai quercioli del nostro Appennino, la vista di tanta bellezza naturale diede a tutti maggior carica, come se ne avessimo ulteriore bisogno. Poi la gola del Burano, il valico di Scheggia e finalmente Costacciaro, pieno di gente e di graziose fanciulle. Ci fu poco da riposare perché dopo un colloquio col sindaco Ronconi, la mattina dopo, zaini in spalla si iniziò la lunga salita fino all'imbocco della grotta. Fu piazzata una tenda nel piccolo spazio antistante la grotta dove, come raccontarono coloro che ci accompagnavano, un tempo c'era un'acacia alla quale si ancorava la corda che serviva a scendere e salire il profondo pozzo d'ingresso, prima che quelli di Fabriano, con in testa Giambattista Miliani, piazzassero la lunga scaletta in ferro che attraversava tutto il baratro. Risolti i preparativi logistici, si iniziò la visita dell'antro: esplorazione, foto, rilievo.

Grotta di monte Cucco:Guerra alla colonna inclinata(1957)
Grotta di monte Cucco:
Guerra alla colonna inclinata
(1957)
Grotta di monte Cucco: all’ingresso (Zuffa, Pasini, Guerra)
Grotta di monte Cucco: all’ingresso (Zuffa, Pasini, Guerra)


Ultimati i lavori si ritornò al paesello e poi a Bologna. Gli speleologi bolognesi evidenziarono al sindaco Ronconi che ci sarebbe stato bisogno di un'altra escursione al che si fissò un'altra esplorazione nel settembre successivo. E fu così. Con immutato entusiasmo si ripartì da Bologna in numero maggiore: Landini non c'era, ma si aggiunsero Luigi Zuffa e Lorenzo Lancellotti tant'è che il campo fu fatto in uno spiazzo sopra la grotta perché le tende erano tre. Gli speleologi erano stati portati ai prati delle Macinare da Guido Ficoncini, camionista d'azzardo che, con un GMC acquistato ai campi ARAR, trasportava la legna del monte a Costacciaro.

Fu così che nel prosieguo delle esplorazioni, a mezzogiorno del diciannove di settembre, ci trovammo tutti su una delle enormi stalagmiti della sala Margherita per il "pranzo" del mezzogiorno: pane e scatoletta di carne, il tutto innaffiato da pura acqua distillata di quella bella cavità.

Per una fatal combinazione, finito il lauto pranzo, probabilmente a causa della bassissima temperatura di quella grotta (5 o 6 gradi), Romano, cosa mai avvenuta ne prima né dopo, si sentì un blocco allo stomaco.

"Ragazzi, vado fuori, mi fa male lo stomaco"

ebbe a dire prendendo con sé la fedele torcia elettrica Pagani e incamminandosi lungo le vaste sale di quella immane grotta.

Arrivato in una salita, famosa per lo stillicidio, si vide venire incontro una comitiva formata da tre ragazzi e tre ragazze. I giovani erano speleologi perugini in fase di esplorazione, le giovani erano ragazze di Costacciaro che vagheggiavano per il monte in una delle tante escursioni che i paesani facevano in quella bella montagna

"Non sporcate l'acqua. La dobbiamo bere"

Disse con aria burbera il bolognese. Poi se ne andò fuori dalla grotta e dopo pochi minuti di aria pura, il problema dello stomaco era abbondantemente risolto. Uscirono poi i tre speleologi e le tre ragazze prendendo ogni gruppo la sua strada. Una delle ragazze disse che ai prati c'era il pane per noi nella capanna del pastore Sabato Russo di Cupi di Visso, al che, visto l'impossibilità di tornare all'interno della grotta e la necessità di rifornire il campo di pane, Romano prese a scendere per gli scapicolli del monte mentre le ragazze seguivano il tradizionale sentiero. Quando il bolognese arrivò ai prati, non solo si trovò davanti le tre fanciulle che aveva già incontrato in caverna, ma ce n'erano altre tre che erano rimaste comodamente sedute sotto i faggi del prato delle Macinare. Il povero Guerra si trovò quindi assediato da sei amazzoni, che lo bombardarono di domande a cui il solingo bolognese ebbe a difendersi con la grinta di un antico cavaliere. Poi le ragazze se ne andarono e Romano, posto il pane nello zaino, se ne tornò al campo dove trovò gli amici appena usciti dalla grotta a cui annunciò la miracolosa e istantanea guarigione, l'incontro con le ragazze e il successivo scontro con le fanciulline e principalmente tirò fuori il pane dallo zaino.

Prati delle Macinare: pranzo con Pasini
Prati delle Macinare: pranzo con Pasini
Giuseppina, 22 settembre 1957
Giuseppina, 22 settembre 1957

Finì l'esplorazione e i bolognesi scesero col loro equipaggiamento ai prati delle Macinare dove li aspettava Guido Ficoncini, col suo GMC carico all'inverosimile di legna. Gli speleologi presero posto sulla catasta e si fecero la discesa per la strada di Scheggia sopra quel carico che ondeggiava spesso paurosamente. A Costacciaro, scaricate le attrezzature, furono alloggiati da Guerrino e Carmela Rafoni dove furono"sublimati" da una indimenticabile grigliata di salcicce dopo dieci giorni di pane e scatolette. Poi fuori.

C'erano sul corso di Costacciaro pieno di gente le sei ragazze che occasionalmente o intenzionalmente orbitavano in quello spazio delimitato dalla porta dell'orologio e dal monumento ai caduti della Grande Guerra. Guerra, Romano per l'esattezza, presentò ai restanti bolognesi le fanciulle del monte e si passeggiò finchè i genitori richiamarono a casa le figliole, non senza darsi appuntamento per la mattina dopo.
Fu in quel fatal momento, che Romano "puntò" Giuseppina e non gli tolse più gli occhi di dosso. La mattina dopo la fanciullina dagli occhi verdi, capelli biondi tendenti all'albino, acqua e sapone, se ne uscì con un vestitino nero che metteva in evidenza tutta la sua bellezza. Chiacchiere, chiacchiere fino alla ritirata alla sera.

Il mattino dopo, quando si caricò il camioncino per il ritorno a Bologna, c'erano le sei amiche, il tutto condito da arrivederci, veniteci a trovare e via così. Ci scappò anche una mitica fotografia che doveva rimanere nel portafoglio di Romano per decenni.

Qualcuno si era accorto dell'"incidente". Era la cara Carmela dell'alloggio che ebbe a sussurrare all'orecchio del bolognese

"Tornerai!"

Così fu. Il seguito è noto, come numerosi viaggi di quel diciottenne anche a cavallo di una Lambretta che già in giovane età, contrariamente alle sue previsioni, aveva lasciato le penne al paesello. Poi il fidanzamento, l'arrivo a Bologna di Giuseppina e della sorella Lorenza, il militare e infine il matrimonio, figlie e figlio e così da oltre sessant'anni. Meglio di così non poteva andare!

Ancor oggi i due non più giovani sposi festeggiano il 19 settembre, giorno del fatale incontro nel fatale antro e il 30 giugno giorno del felice matrimonio: doveroso e meraviglioso!

Cinquantasei anni dopo (50° di matrimonio)
Cinquantasei anni dopo (50° di matrimonio)
Il “Plenum” (50° di matrimonio)
Il “Plenum” (50° di matrimonio)